La famiglia dallo psicologo ma non solo. Parliamo di terapia sistemica.

Uno sguardo alla psicoterapia sistemica

Spesso accade che ci sia confusione rispetto all’approccio sistemico. Vediamo come poter dipanare eventuali dubbi in merito, dando alcune informazioni rispetto ai capisaldi, quali il ruolo dello psicoterapeuta sistemico e la durata della terapia.

Cosa si intende per psicoterapia sistemica?”

Un tipo di psicoterapia che per lungo tempo è stata identificata con la terapia della famiglia, ma che col passare degli anni si è allargata anche al setting individuale, mantenendo al suo interno i suoi principali capisaldi (un libro fondamentale in questa direzione è stato “Terapia sistemica individuale” di Luigi Boscolo e Paolo Bertrando del 1996). La prospettiva sistemica considera l’individuo come portatore di risorse e lo considera soprattutto in relazione ai sistemi significativi di riferimento, con i quali egli interagisce e che sono per lui importanti. Non solo quindi un lavoro con coppie e famiglie, ma anche e soprattutto con i singoli individui.

Quali sono i capisaldi di tale approccio?

La relazione col paziente e la creazione di un contesto di cura, che risulti uno spazio autentico e utile nel quale sentirsi accolti e di conseguenza potersi raccontare e narrare esprimendo le proprie emozioni. L’ascolto attivo ed empatico del terapeuta in grado di generare delle domande a partire da ciò che viene raccontato. Non un tipo di ascolto passivo, ma capace di accogliere la riflessione dell’altro e poter restituire nuove letture e significati, che la persona in quel momento non è stata in grado di leggere.

L’importanza dell’alleanza di lavoro (intesa come congruenza e convergenza tra obiettivi del paziente e del terapeuta) che col tempo si trasforma in alleanza terapeutica. Se gli obiettivi di entrambi sono tra loro lontani accade che la psicoterapia incontri delle fratture, il paziente abbandoni il contesto di terapia perché non lo considera più in linea con le sue aspettative iniziali. Risulta importante esplicitare e negoziare insieme gli obiettivi da perseguire, in modo tale da avere sempre in mente il percorso e le mete da voler raggiungere e monitorare nel tempo tali obiettivi per poterli ridefinire.

Molto spesso chi arriva in terapia porta un sintomo, che ha una funzione e un’utilità per il paziente stesso e che va esplorata e compresa insieme a lui prima di condurre ad un cambiamento. Alla base c’è l’idea che prima di cambiare qualcosa dobbiamo capire cosa abbiamo davanti e analizzare il sistema che ha generato la patologia.

L’assenza di giudizio nell’ascolto terapeutico si affianca alla possibilità di dare voce ai pregiudizi (“pensieri preesistenti che contribuiscano, in un incontro con altri esseri umani, alla formazione del proprio punto di vista, delle proprie percezioni e azioni”) sia della persona che del terapeuta stesso; tali pregiudizi vanno fatti circolare e messi in campo in modo da creare un dialogo tra loro durante le sedute.

La posizione del terapeuta non è quella di porsi come esperto, ma considera il paziente stesso il maggior conoscitore di sé e si propone, attraverso i propri apprendimenti e conoscenze, come colui che facilita questo processo di consapevolezza. Spesso i pazienti si aspettano dei consigli che il terapeuta non deve dare, in primo luogo per non creare una relazione di dipendenza dal professionista, in secondo luogo perché lo considera un individuo competente in grado di arrivare in maniera autonoma a prendere delle decisioni sintoniche con il suo benessere.

L’attenzione alle parole scelte nella narrazione del paziente che il terapeuta può sottolineare durante le sedute si unisce al non verbale (postura, gestualità, tono della voce..) e alla coerenza tra entrambi gli aspetti; le parole che usiamo rivelano indirettamente i nostri pregiudizi, ma sono anche uno strumento per sfidarli.

La neutralità utilizzata dal terapeuta, ovvero la capacità di non schierarsi rispetto a una vicenda portata va di pari passo con la curiosità, utilizzata nel non affezionarsi troppo alle ipotesi di funzionamento che vengono costruite nel corso della terapia e che si possono modificare e risignificare nel tempo.

L’uso di domande circolari, che non prevedono una causalità tra eventi ma danno spazio ad una circolarità del pensiero, e riflessive, che generano una riflessività tra i livelli di significato nel paziente. Si stima che saper fare domande sia un’arte vera e propria, in quanto ogni domanda rappresenta una possibile perturbazione per la persona e può aprire a determinate connessioni o riletture dell’esperienza.

Attenzione al qui ed ora della seduta, ovvero a ciò che accade nel momento presente della terapia (il processo) tra la coppia terapeutica, ma anche a possibili connessioni con scenari passati.

L’idea del cambiamento terapeutico come un cambiamento che avviene nell’uso di parole, pensieri o azioni nuove che il paziente arriva a mettere in atto, che va co-costruito da entrambi nel corso delle sedute. Compito del terapeuta è generare nuove letture del fenomeno portato, nuovi significati ai quali prima il paziente non aveva accesso, esplorando le sue “storie permesse e proibite” (Valeria Ugazio).

L’uso delle risonanze emotive in terapia, ovvero l’attenzione a cosa prova il terapeuta nei diversi momenti della seduta rispetto al paziente ed a dare voce alle sue emozioni nel corso della seduta. Il terapeuta è dentro il sistema di terapia, ne fa parte, lo influenza con i suoi interventi e crea delle perturbazioni che evocheranno delle reazioni.

A chi si rivolge questo approccio?”

Individui curiosi rispetto alla propria storia di vita, che stanno vivendo disagi esistenziali o relazionali (espressi con sintomatologie evidenti, come attacchi di panico, disturbi alimentari, depressione, ansia, dipendenze..) oppure eventi critici (come il matrimonio, la nascita di un figlio, la perdita del lavoro, una malattia) che stanno mettendo a dura prova la loro qualità di vita. Persone dotate di un certo grado di introspezione più facilmente appaiono soddisfatte da questo tipo di terapia, mentre con i disturbi di personalità e i pazienti psicotici dalle ricerche sembrano più risolutivi approcci terapeutici differenti.

Il lavoro con le coppie è più esteso perché, oltre ad osservare i due individui in seduta, l’attenzione viene diretta alla relazione tra loro, la raccolta della storia di coppia, l’idea di coppia che hanno e ciò che sono diventati e le motivazioni che li hanno portati a chiedere un colloquio proprio in quel momento. Il terapeuta si pone come terzo rispetto alla coppia e diventa importante il concetto di neutralità e il non schierarsi ma facilitare il dialogo e la comunicazione a partire dalla definizione di un obiettivo comune, che costituirà parte del lavoro iniziale dell’alleanza di lavoro nonché presupposto per poter intraprendere un percorso psicologico di coppia.

I numerosi soggetti coinvolti nella terapia e la cura nel dare ascolto a tutti senza posizionarsi a favore di nessuno rendono complesso il lavoro dello psicoterapeuta con le famiglie. Egli ha il ruolo di facilitare le interazioni tra i membri familiari e fare attenzione ad eventuali alleanze sottese o esplicite. Spesso la terapia diventa uno spazio dove potere legittimare emozioni, pensieri e idee che non trovano un posto al di fuori di tale contesto. L’approccio sistemico è nato proprio nella presa in carico di famiglie, all’interno delle quali si manifestano problematiche alimentari, quali anoressia e bulimia. Queste sintomatologie hanno una chiave relazionale, tanto da prediligere interventi familiari anziché individuali.

Quanto tempo dura una psicoterapia sistemica?”

Nascono storicamente come terapie brevi ma possono diventare terapie più lunghe, a seconda degli aspetti che emergono nel corso del tempo e che la persona desidera approfondire in itinere e in accordo col terapeuta. Andrebbe fatta una distinzione tra una consulenza, che può essere ridotta nel tempo e mirata ad una difficoltà contingente portata dal paziente, e una psicoterapia. Quest’ultima, a partire da un’urgenza concreta, esplora la storia di vita e lavora su aspetti più radicati nel tempo, arrivando a generare ipotesi di funzionamento della persona. Al termine di ciò si giunge ad una conoscenza profonda di se stessi. 

Dott.ssa Francesca Maria Penta

Psicologa e Psicoterapeuta sistemica e socio-costruzionista

 

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